C’era una volta il Festivalbar
Franco Simeri 19 Giugno 2021Arriva l’estate e inesorabile ritorna la domanda: ma perché il Festivalbar non c’è più?
Se fosse facile trovare una risposta probabilmente sarebbe anche ritornato in Tv, ma invece la questione è molto più complessa di quanto si possa immaginare: storie di diritti, orgoglio, malintesi, scelte sbagliate, un mix che ne ha decretato la fine e l’ha consegnato alla leggenda, perché la storia della kermesse musicale di maggiore successo dell’estate resta.
Il Festivalbar nasce nel 1964 dall’intuizione di Vittorio Salvetti, il mitico “Patron” della manifestazione. Con l’arrivo dei jukebox nei bar delle spiagge egli pensa che ogni jukebox possa dire quale sia la canzone più gettonata in quella spiaggia. Mettendo insieme i dati viene fuori la classifica, certificata dalle monete che entrano nella fessura. Geniale.
Dopo gli esordi in Veneto rapidamente si diffonde in tutta Italia con la formula itinerante che portava in giro anche manifestazioni come “Un disco per l’estate” e il “Cantagiro”.
La svolta per il “Patron” arriva con il passaggio dalla Rai (che trasmetteva in diretta solo la finale dall’Arena di Verona) alla emergente Fininvest di Silvio Berlusconi, che propone a Salvetti la prima serata su Canale 5 per tutta l’estate 1983.
Il Festivalbar prende il volo, diventando l’appuntamento musicale imprescindibile per ogni estate, proponendo tutto quello che funziona, senza paura e senza remore. Da Canale 5 negli anni 90 il programma passa sulla rete giovane di Fininvest, Italia Uno, dove trova nuova linfa grazie anche allo svecchiamento della formula messo in atto da Claudio Cecchetto, che affida la conduzione ad Amadeus e riapre la strada a Fiorello, star indiscussa di tre magnifiche edizioni. La prematura scomparsa di Vittorio Salvetti non “interruppe la kermesse” e Andrea, il figlio, la porta avanti egregiamente. Poi nel 2008 lo stop.
E qui ritorna la domanda: chi o cosa ha fatto morire il Festivalbar?
Le risposte potrebbero essere tante. La prima molto semplice è che è cambiato il mercato ed è cambiata la musica: per stare in piedi la manifestazione aveva bisogno delle case discografiche (che però stanno vivendo una profonda crisi e pensano ad altro), di location disposte a pagare bene la presenza di palco e cantanti, delle vendite delle compilation (ed i dischi oggi non si vendono più), dell’appoggio di una rete tv disposta a pagare il format per poi farlo fruttare commercialmente. tutte condizioni queste che oggi non esistono più, o sono cambiate così profondamente, così come è cambiato profondamente il modo di approcciarsi alla musica dei giovani, per cui quella formula non è più praticabile.
Queste considerazioni però non spiegano tutto.
Andrea Salvetti, è legatissimo al marchio “Festivalbar” e non ha mai voluto cederlo in “affitto”. Qualche anno fa ci ha provato Maria De Filippi, ma poi nulla di fatto. Inoltre il figlio del “Patron” è entrato in rotta di collisione con Mediaset per come sono andate le cose negli ultimi anni del programma. Probabilmente anche questi sono tasselli fondamentali del puzzle e, chissà, probabilmente ce ne saranno anche altri.
Fatto sta che il Festivalbar ci manca, manca la freschezza e la spensieratezza che rappresentava, mancano quei momenti nei quali, tutte insieme, ritrovavi le canzoni più “gettonate” dell’estate.