Coronavirus, le testimonianze dei palmesi nel mondo

Redazione 16 Novembre 2020
Coronavirus, le testimonianze dei palmesi nel mondo

Dall’Australia alla Spagna, passando per la Germania e l’Inghilterra. I palmesi che vivono e lavorano all’estero ci offrono una testimonianza a 360 gradi della pandemia da Coronavirus che sta devastando il mondo intero.

A parlare per primo è Pasquale Della Pietra, 48 anni, palmese che vive dal 1996 in Germania: lavora presso la prestigiosa casa automobilistica della Porsche, precisamente al reparto carrozzeria. Sposato con una tedesca, ha due figli.

Pasquale Della Pietra

«La situazione attuale? In Germania hanno chiuso bar, ristoranti e centri di ritrovo. Le fabbriche continuano a lavorare, le scuole non sono state chiuse. Il governo tedesco assiste molto le famiglie e le aziende, noi abbiamo ricevuto per il problema della Pandemia un doppio assegno familiare, è stato dato a tutti. Ai ristoranti che nella prima fase di lock-down avevano chiuso, è stato riconosciuto un contributo di 9.000 euro, soldi che hanno ricevuto subito. I tedeschi guardano con attenzione ciò che succede in Italia e le proteste di tutti i commercianti che vengono fuori dai Tg. È brutto dirlo, ma in Italia le cose si dicono e non si fanno. I commercianti italiani stanno ancora aspettando i contributi del primo lock-down. Io in Germania mi sento sicuro, protetto dallo Stato e so che qualsiasi cosa succeda posso contare sull’aiuto del governo».

Antonio De Luca, invece, vive in Australia. È lì con la sua fidanzata. «Le frontiere sono state chiuse da un pezzo e credo che non apriranno nemmeno per il 2021. Possono rientrare solo i cittadini australiani e coloro che hanno il ‘permanent’, un visto che certifica la residenza stabile nel Paese. Qui, il Covid-19 è arrivato, ma i contagi non sono alti. Durante il periodo peggiore, sicuramente il lavoro è venuto a mancare per molti e in quel caso diversi ragazzi l’hanno perso sono ritornati nelle loro nazioni. Fortunatamente, io ho continuato a lavorare nel settore alimentare, così come la mia fidanzata, anche lei di Palma (precisamente di Castello), che qui fa la barista. Le restrizioni? Direi non così severe come è accaduto in Europa o in altre parti del mondo».

Antonio De Luca

«Nessun lock-down, solo disposizioni circa un distanziamento sociale, senza forzature, con meno posti a sedere nei locali, ma la vita qui è stata ‘quasi normale’ a differenza di altre parti del mondo. Siamo isolati, questo è sicuro. Volevo tornare a Natale per fare una piccola vacanza, ma purtroppo non è possibile. Se esco, dopo non posso rientrare, ho il visto ‘student’, che è provvisorio. Al di là di tutto – conclude De Luca – Qui è tutta un’altra vita, si sta meglio, si lavora bene, si guadagnano più soldi, tornare a Palma onestamente è l’ultimo dei miei pensieri».

Dall’Inghilterra, poi, ecco la testimonianza di Alice De Cicco: «Sto lavorando presso una catena di ristoranti giapponesi, dove ho ottenuto anche una promozione. Ho più responsabilità e posso ritenermi contenta, perché in altri casi molti giovani hanno perso il lavoro e sono stati licenziati. Il governo inglese offre degli aiuti, a me è stata riconosciuta quella che noi chiamiamo cassa integrazione nel periodo del primo lock-down, quando per paura ed apprensione ho preferito ritornare in Italia, a casa, per circa tre mesi. Pensavo anche che fosse la scelta giusta, per godere di maggiore assistenza sul piano sanitario, in caso di bisogno, ma le mie aspettative sono state disilluse e così sono ritornata in Inghilterra, dove preferisco decisamente restare a questo punto. Certo, la vita non è facile, ma almeno ci si sente tutelati e dal punto di vista economico ci sono migliori opportunità che in Italia».

Infine, un quadro tutt’altro che positivo lo offre Alessandro Giannini, che vive in Spagna. «Rispetto alla prima ondata che abbiamo avuto a marzo-aprile, questa la vedo peggiore. La situazione nella zona in cui vivo, a livello sociale, è disastrosa. Malaga, l’Andalusia, il Sud della Spagna in genere, vive totalmente di turismo. Questa estate è stata impressionante, Malaga non tanto, ma ci sono altre località come Torremolinos, Benalmare, Fuengirola che sembravano delle città fantasma. Appartamenti sfitti, non c’è gente, bar chiusi. Qui ci sono bar ovunque, che puntavano su un afflusso enorme di turisti, che adesso non c’è. Parecchi di questi hanno chiuso. Alberghi, ostelli, ristoranti, non hanno affluenza. Un 30% delle strutture è rimasto aperto con un’affluenza di persone minima. Io lavoro al ‘Parco Tecnologico de Andalusia’, dove ci sono le più grandi società informatiche, questo parco è pieno di palestre, di ristoranti, di bar per fare colazione e mangiare in pausa pranzo, sono tutti vuoti e chiusi. Nessuno esce, le poche aziende che stanno lavorando lo fanno da casa».

Alessandro Giannini

«La gente che è stata licenziata, che è stata messa in cassa integrazione, riceve un contributo dallo Stato che si chiama Erte, un po’ come la nostra disoccupazione. Finché ci sarà lo stato di emergenza sanitaria (allarma) è stato stabilito un bonus pari a 900 euro al mese. Soldi che non sono totalmente gratis, nel senso che l’anno prossimo la gente dovrà pagare le tasse su questi importi ricevuti, non esentasse dunque. La situazione è veramente brutta, penso che il peggio debba ancora arrivare in quanto immagino che da qui a poco ci sarà un altro lock-down che non so come gestiranno. Non si può, ovviamente, viaggiare. Io volevo tornare a casa per Natale, ma non voglio rischiare di non poter più rientrare in Spagna».

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