I SENTIERI DELLA MEMORIA: Manoscritto perduto e ritrovato tra i "Racconti di Carta"

Luigi De Luca 1 Maggio 2022
I SENTIERI DELLA MEMORIA:
Manoscritto perduto e ritrovato tra i "Racconti di Carta"
«Un viaggio nel proprio territorio come era cento, cinquecento o duemila anni fa, per andarsene in giro per strade, piazze, campi; incontrare, fare amicizia, lavorare, giocare con i coetanei di allora; assistere allo spaventoso spettacolo dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., partecipare ad un ballo nello splendido salone del cinquecentesco Palazzo aragonese o alla caccia del falcone nel bosco retrostante, far parte dell’esercito rivoluzionario sotto la guida di Morelli e Silvati nei moti napoletani del 1820-21; essere attori di un processo di crescita e formazione dall’infanzia all’adolescenza, all’età adulta». (p. g. s.)
 
 
“Da un manoscritto perduto e ritrovato” di Anonimo Palmese è il quarto racconto della collana “Racconti di Carta” edito da Michelangelo 1915.
In queste pagine, tutto sta nel cercare di capire quale sia la «certa età» che segna il passaggio dal gioco al lavoro, dalle prime infatuazioni d’amore alle grandi responsabilità della vita. La sorpresa, lo stupore, la vergogna, in uno sguardo già immaginato «affacciato ad un balcone», a «passeggiare sotto il sole», a «pregare appoggiato su di una panca di legno». L’allegria nel volersi dire «esisto anch’io» alzando lo sguardo e incrociando gli occhi; sentirsi mancare il respiro come se lei fosse «un attrattore assoluto dei miei pensieri, dei miei gesti, di ogni mia attenzione». L’anonimato di un incontro solamente raccontato, ricercato tra le pagine dei libri per capirne il senso, per rubarne ancora l’emozione. Saranno solo “incroci” – quelli dei due giovani ragazzi – tra le strade palmesi, le commesse familiari e le messe domenicali. Ma ad un bivio, d’un tratto, il primo grande lutto. E poi la conoscenza di zio Aristide e la proposta di «addottorarsi» in avvocatura proprio lì nella famosa città di Napoli e fare finalmente quel «salto sociale» in cui da sempre ha tanto sperato, con la curiosità per una bellezza spettacolare che solo Napoli, ricca di storia, poteva sfoggiare. Ma una domenica mattina – due anni dopo la partenza – la sconvolgente notizia: «si è sposata Mimì. Se n’è andata proprio». E da quel giorno, avanti senza più pensarci su, fino ad ottenere una quasi stabilità sociale con la casa ereditata, un matrimonio e dei figli. Ogni tanto, una tradizionale sosta al paese natìo, soprattutto durante il ricorrente carnevale palmese. Sarà Proprio lì, tra le strade della sua infanzia dove il gioco riprende ogni volta colore con dei fazzoletti sventolati al vento dai tanti bambini del paese, che un volto desta la sua memoria. Fu come quell’unica volta «Quando restammo soli, io e Maurino (e) ci guardammo l’un l’altro. […] Per lui era bella, per me era tutto». Lei era lì a ricordarsi di Lui dicendosi entrambi «come le rotaie di un treno che corrono mantenendosi alla sessa distanza e senza mai incontrarsi». Non poté fare altro che guardarla per l’ultima volta «cercando di comunicarle tutto l’amore che un tempo aveva nutrito per Lei».


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