I SENTIERI DELLA MEMORIA: Palazzo Aragonese in "Racconti di Carta"
Luigi De Luca 10 Aprile 2022«Un viaggio nel proprio territorio come era cento, cinquecento o duemila anni fa, per andarsene in giro per strade, piazze, campi; incontrare, fare amicizia, lavorare, giocare con i coetanei di allora; assistere allo spaventoso spettacolo dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., partecipare ad un ballo nello splendido salone del cinquecentesco Palazzo aragonese o alla caccia del falcone nel bosco retrostante, far parte dell’esercito rivoluzionario sotto la guida di Morelli e Silvati nei moti napoletani del 1820-21; essere attori di un processo di crescita e formazione dall’infanzia all’adolescenza, all’età adulta». (p. g. s.)
“Palazzo Aragonese” di Giacomo Battipaglia (da un’idea di Francesco Iervolino) è il secondo racconto della collana “Racconti di Carta” edito da Michelangelo 1915. La storia di oggi si intreccia tra le radici di una pianta d’ulivo (Giulivo) le cui chiome frondose raccontano memorie ad un giovane fanciullo pieno di curiosità per un tempo mai vissuto.
«Ti chiedo solo una cortesia – raccomanda Giulivo – non farmi ancora domande, aspetta prima quello che ho da dirti».
«Ti chiedo solo una cortesia – raccomanda Giulivo – non farmi ancora domande, aspetta prima quello che ho da dirti».
Accade così che il Palazzo Aragonese, distante circa cinquanta miglia da Napoli, attraversa «passaggi di consegna» che vedono i nomi di importanti dinastie del territorio: gli Aragonesi, gli Orsini, i Della Tolfa, i Pignatelli, Spinelli, Passaro, Bologna, Caracciolo, Saluzzo e infine i baroni Compagna. Accade ancora una volta che ci si ritrovi a fare un giro a Palazzo nel 1600 «di fronte all’ingresso padronale, che ha ai suoi lati due torri che con la loro maestosa imponenza si affaccia sulle campagne circostanti, dominandole». Oppure ci si ritrova a sorvolare sui boschi circostanti con l’aquila reale o con il girifalco, il falcone gentile, lo smeriglio e il falco lanario per rivivere insieme al “popolo” quella che, già prima della caduta dell’Impero Romano, era conosciuta come “caccia col falcone”. E la narrazione continua tra la cronologia dei signori di Palma, la sua popolazione e il famoso aneddoto degli otto medaglioni del Palazzo Aragonese la cui vicenda fu «la molla che fece scattare l’interesse delle istituzioni riguardo alle bellezze artistiche custodite nel Palazzo, assumendo un’importanza di carattere nazionale». Un’ultima scena, infine, ci avvia alla conclusione facendoci salire - «una grande scala, un corridoio ampio, infine una sala enorme impreziosita da tendaggi dorati che scendevano dalle finestre come ali di angeli» per raccontarci ancora di storie e di amori che nascono tra sguardi d’intesa, calici alzati e commedie teatrali. E con le mani ferme sui fianchi, eccoci a guidare un «ballo sontuoso» che, seppur alla dovuta distanza, dona quel fascino che cancella qualsiasi imbarazzo e riporta anche noi alle tante fantasticherie personali dove siamo tutti, per un po', la contessina Isabella o il fratello Nicola mentre «con un senso di contentezza nel cuore, ma anche di stanchezza nelle membra» ritorniamo dolcemente – ognuno – vero il proprio palazzo.
«D’altra parte, non posso reggere tanti pensieri tutti insieme… ho già tutte queste foglie di palma che premono sulla mia testa… ho un prurito. Quindi – disse Giulivo – ciancio alle bande! Monta in groppa e sii pronto a partire» – come diremmo anche noi per non perderci questo piccolo viaggio in un passato comune.
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