IL RUOLO DELLE DONNE DURANTE LA GUERRA: IL CONVEGNO DI ROTARY CLUB OTTAVIANO TRA PASSATO E PRESENTE
Valentina Soviero 31 Gennaio 2023La grande iniziativa del Rotary Club di Ottaviano continua a girare il Nolano. Al centro la figura e il ruolo della donna durante la guerra. Presenti, nell’aula consiliare dove è avvenuto il convegno, il presidente dell’associazione Antonello D’Antonio e diversi esperti tra cui la Prof.ssa dell’Università Kharkiv in Ucraina, Natalia Shyriaieva. "Un momento di condivisione e confronto in un excursus su quanto hanno fatto le donne in quel tremendo periodo, dalle cose più frivole, come l’accorciamento delle gonne, l’uso dei pantaloni e del reggiseno, all’impegno della conduzione delle industrie belliche, delle attività agricole, tessili e alimentari per il rifornimento di migliaia di soldati" - ha affermato il presidente di Rotary Club.
Un’occasione di riflessione che darà spunti fondamentali per poter affrontare le nuove tematiche della storia moderna e dell’incredibile vuoto che lasciano le guerre. Oggi, più che mai, nei conflitti che affliggono l’umanità le donne si trovano e si ritrovano, ancora una volta, vittime o carnefici, sottomesse o emancipate, libere o legate.
Tra i relatori presenti anche il Prof. Biagio Simonetti del Rotary Club “Ulisse” Napoli e docente dell’Università del Sannio, la Prof.ssa Rossella Del Prete, presidente del Rotary Club Benevento e docente dell’Università del Sannio, e la Prof.ssa Fiorella Saviano dell’Istituto Comprensivo D’Aosta di Ottaviano.
Ascoltare le riflessioni e le testimonianze dirette sugli orrori della guerra in atto e sul fondamentale ruolo della donna, in un momento così delicato della nostra storia, diventa importante ed essenziale. Le nuove guerre hanno fatto progressivamente emergere l’importanza della presenza di personale militare femminile nei contingenti internazionali. Le donne in uniforme, oltre che rappresentare il completamento della cultura organizzativa di un’istituzione storicamente maschile, si sono rivelate strumento prezioso nel raggiungere la popolazione locale femminile e non solo, in tutti quei contesti in cui, per motivi culturali e religiosi, i contatti diretti tra uomini e donne locali sono difficoltosi.
Ad esempio in Afghanistan, le donne della missione internazionale, organizzate in team completamente femminili (FET – female engagment team), sulla base dell’esperienza maturata in Iraq, hanno permesso a quelle afghane di avere accesso all’assistenza sanitaria, di poter esprimere i loro bisogni e i loro timori in termini di sicurezza, estremamente diversi da quelli percepiti dagli uomini, e di poter avere meno remore nel denunciare le violenze di genere subite.
Le donne in mimetica sono, inoltre, un importante modello nel processo di empowerment femminile in quelle zone in cui vi è una forte disparità di genere. Sempre in Afghanistan, le soldatesse hanno rappresentato un importante esempio per tutta la popolazione locale, uomini inclusi. Queste donne hanno ispirato alcune giovani afghane a tentare l’arruolamento nelle Forze di Sicurezza nazionali, rappresentando un punto di riferimento per le vittime di violenza e consentendo, anche, una maggiore partecipazione femminile alla vita politica del paese.
Allo stesso tempo, le soldatesse internazionali hanno avuto l’opportunità di interfacciarsi con gli uomini, fornendo anche a loro un esempio di empowerment femminile.
La storia ha visto le donne partigiane che hanno resistito e combattuto allontanandosi da quell’immagine che vede legata la donna alla casa ed alla famiglia e avvicinandosi all’immagine della donna che imbraccia il fucile. Durante i conflitti del 900 le donne erano utilizzate di giorno come personale di servizio, di notte per il piacere dei soldati. Si stima che siano state circa 60.000 quelle violentate durante la seconda guerra mondiale. Rispetto a questi crimini di guerra, vigeva un silenzio e un mutismo assoluto che dimostra la piena consapevolezza che lo stupro in guerra era la guerra stessa, sebbene parlarne fosse un tabù. A lungo, dunque, si scelse la via dell’oblio. Probabilmente fino alle guerre jugoslave quando, ancora una volta, le donne furono bersaglio strategico delle violenze di guerra e si risvegliò la “memoria nascosta” delle violenze del secondo conflitto mondiale.
Il dono più ricco di questo seminario è stato quello di far emergere una questione forse ancora oggi difficile da affrontare: quella della compatibilità tra la necessità di liberare le donne dall’attribuzione di ruoli statici e subalterni, e lo slancio di valorizzare il contributo che esse hanno dato e danno alla causa della pace. In altre parole: se il fatto di poter interpretare in guerra ruoli diversi è, per le donne, segno e frutto di un processo di emancipazione, come si può affermare che la donna è naturalmente “meno disposta alla guerra e più disposta alla pace”, ed auspicare che sia così?
La risposta è nelle parole delle partigiane: bisogna sentire dalle loro voci come esse stesse hanno interpretato la resistenza, profondamente e al di là di ogni retorica. In questo modo è possibile cogliere quella prospettiva personale che è l’unica in grado di dirci quale sia, di volta in volta, il “posizionamento” delle donne tra guerra e pace.