J: TU VUO’ FA’ L’AMERICANA…

P. Gerardo Santella 31 Luglio 2023
J: TU VUO’ FA’ L’AMERICANA…

Quest’ultima lezioncina, con la quale la rubrica si accomiata dai lettori, è dedicata, me lo permetterete, al mio primo nipotino, Jacopo, di nove anni, cui scherzando dicevo che il suo nome iniziava con una lettera che non era nell’alfabeto. Salvo essere smentito con sorpresa ma con piacere una volta che, entrato nella sua aula scolastica, ho visto appesa alla parete una cartina che riportava nell’elenco delle lettere dell’alfabeto italiano quelle che non erano presenti nella mia infanzia: J, K, W, X.

Il nome italiano della lettera J è i lunga, ma essa si atteggia ad americana e si fa chiamare jay (géi). Proveniente anche lei dal latino medievale e introdotta in italiano nel Cinquecento, era impiegata come variante grafica della I e usata facoltativamente fino agli inizi del Novecento per rappresentare la I seguita da un’altra vocale all’inizio della parola o in posizione intervocalica.

Oggi sopravvive in nomi propri di persona e di luoghi: Jacopo (il nome del personaggio dell’Ortis di Ugo Foscolo e dello scultore Della Quercia del Cinquecento), Jolanda (altro personaggio letterario, la figlia del corsaro nero di Emilio Salgari), il mare Jonio, la città di Jesolo, la nazione della Jugoslavia che non c’è più, lo scrittore Ugo Ojetti, Francisco Lojacono, calciatore della Roma degli anni Sessanta, la squadra calcistica della Juventus.

In tutte queste parole sopraddette pronunciamo la j come i, ma nelle molte parole provenienti dall’inglese (jeans, jolly, jogging, jazz, jet, joystick) e nelle poche dal Giappone, come judò, diciamo gi.

E ora spegniamo la luce, accendiamo un tenue abat-jour e buona notte a tutti.

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