L’ATTIVITÀ DELLA GUARDIA DI FINANZA IN OCCASIONE DI CONTROLLI/VERIFICHE FISCALI
Giuseppe Montuori * 23 Giugno 2023L’attività ispettiva della Guardia di Finanza, in materia di accessi, ispezioni e verifiche, è disciplinata dagli artt. 33, D.P.R. 600/1973, in materia di Imposte dirette[1] e 52 del D.P.R. 633/1972 in materia di IVA[2] e rappresenta il potere più invasivo a disposizione dell’Amministrazione finanziaria, in quanto permette l’accesso nei luoghi più intimi e personali del contribuente. L’accesso può avere luogo tanto nei luoghi ordinari di lavoro (locali professionali, aziendali, depositi ecc.), tanto presso luoghi promiscui (adibiti sia ad abitazione che ad attività professionale/commerciale), che presso il domicilio privato. In tale ultima situazione, oltre all’autorizzazione del capo dell’ufficio, è infatti necessaria l’autorizzazione all’accesso da parte della Procura della Repubblica e, solo in presenza di gravi indizi di violazione di norme tributarie. L’autorizzazione del Procuratore della Repubblica è un provvedimento amministrativo avente la finalità di verificare la gravità ed idoneità degli elementi indiziari in possesso dell’Agenzia delle Entrate o della Guardia di Finanza.
Il giudice tributario davanti al quale sia stata contestata la pretesa impositiva, può essere chiamato a controllare l’esistenza del provvedimento e la presenza dei gravi indizi posti a supporto della richiesta alla Procura. Vale la pena ribadire che nel caso di accesso in locali adibiti ad uso promiscuo è necessaria l’autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria ma, non anche la presenza dei gravi indizi di violazione di norme tributarie. La sentenza della Corte di Cassazione 20 febbraio 2013, n. 4140 in commento, chiarisce la definizione di “locale ad uso promiscuo”.
La Suprema Corte precisa che l’uso promiscuo dei locali si ha “non soltanto nell’ipotesi in cui i medesimi ambienti siano contestualmente utilizzati per la vita familiare e per l’attività professionale, ma ogni qual volta l’agevole possibilità di comunicazione interna consenta il trasferimento dei documenti propri dell’attività commerciale nei locali abitativi”. Ciò significa che è necessaria l’autorizzazione della Procura anche in presenza di netta divisione tra locali ad uso commerciale e locali ad uso familiare, purché tali locali siano comunicanti. La mancanza di autorizzazione o l’assenza del requisito di gravità degli indizi posti a fondamento del provvedimento di accesso ai locali ad uso esclusivamente abitativo, rende l’accesso un atto illecito e, conseguentemente, rende inutilizzabili ai fini dell’accertamento i documenti ottenuti dall’Amministrazione finanziaria, in applicazione dell’art. 191 c.p.p.(prove illegittimamente acquisite).
Ad esempio non potranno essere presi in considerazioni dati e/o notizie conseguite a seguito di un accesso, autorizzato dall’A. G., basato su denunce anonime e, quindi, non suffragate da idonei accertamenti (precedenti) del caso (Cass. nr. 34450/2016). La circolare nr. 1/2018 della G. di F. (Manuale operativo in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali), ha ribadito altresì che, analogamente, eventuali accessi all’interno di automezzi, aeromobili/natanti ecc., qualora non facciano parte dei beni aziendali/strumentali e, contrariamente, rappresentino beni personali dell’imprenditore/contribuente, anche in tal caso può essere eseguito solamente previa autorizzazione motivata dell’A.G. La circolare succitata, ha confermato, l’estensione del domicilio , intendendo per quest’ultimo non più la sola abitazione, bensì ogni luogo che potrebbe essere, teoricamente, un centro di imputazione di interessi del contribuente. Tuttavia occorre fare una non piccola precisazione, oggi i tempi sono cambiati e, mentre prima, il contribuente utilizzava determinati luoghi per nascondere contabilità occulte, denaro proveniente da operazioni in “nero” ed ogni altro documento afferente a possibili operazioni truffaldine.
Oggi, invece, grazie al continuo processo tecnologico, attraverso l’informatizzazione e digitalizzazione dei sistemi contabili, comunicativi ecc…., il contribuente ha la possibilità di archiviare in appositi sistemi informatici milioni di dati provenienti dalla sua attività economica. Secondo una corrente di pensiero, questi supporti informatici/di memoria, costituirebbero un vero è proprio domicilio informatico equiparabile a tutti gli effetti al proprio luogo abitativo e/o centro dei propri affari, indicato dall’art. 43 c.c. (Codice dell’Amm/ne digitale – D.Lgs. 7 marzo 2005, nr. 82- conservazione ed esibizione dei documenti) e garantito dall’art 14 della Costituzione (il domicilio è inviolabile. Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non nei casi e modi stabiliti dalla legge…...). Ad ogni modo, così come disposto dalla circ. nr. 1/2018 della Guardia di Finanza, in tali casi, i verificatori, in occasione dell’accesso al domicilio del contribuente, inteso come luogo abitativo, sarà sufficiente l’autorizzazione dell’A.G., debitamente documentata, che consenta di estrapolare ed utilizzare i dati contenuti nei sistemi di memoria.
Diversamente, in caso di acceso presso i locali aziendali, in caso di rinvenimento di sistemi informatici idonei alla memorizzazione dei dati contabili, si procederà a riversare, ove possibile (indipendentemente dalla collaborazione della parte), i dati presenti nei supporti informatici o nell’hard disk, in apposti cd, memorie mobili, ecc., debitamente sigillate, avendo cura di lasciarne una copia, unitamente all’atto compilato (p.v. di verifica), all’interno del quale dovranno essere dettagliate riportate le operazioni ispettive poste in essere dai verbalizzanti. Nel caso in cui tali operazioni, non potranno avere luogo, la pattuglia operante, valuterà l’eventuale sequestro del computer, sistemi informatici, ecc., allo scopo di visionarlo, in un secondo momento, nei propri uffici, avvalendosi, altresì, anche di eventuale personale informatico del Corpo, all’uopo specializzato.
Va soggiunto inoltre che, spesso, nel corso della propria attività ispettiva, in occasione di accessi, ispezioni, verifiche, ecc., la Guardia di Finanza potrebbe rinvenire borse, casseforti, ecc.. quindi il contribuente è portato subito a chiedersi se l’apertura di tali articoli (personali), possono formare oggetto di controllo, apertura ecc.. Si è portati subito a pensare se tali accadimenti (apertura coatta di borse, casseforti, mobiletti personali ecc.), non costituiscano una sorta di violazione della privacy e, perché no, un abuso di potere da parte dei militari del Corpo. Va ricordato che l’accesso viene definito come un atto amministrativo di natura autoritativa, atto che consiste nel potere di entrare e di permanere, anche senza o contro il consenso di chi ne ha la disponibilità, nei locali destinati all’esercizio di attività economiche. Quanto detto, è disciplinato dagli articoli 52 del DPR 633/72 e 33 del DPR 600/73, i quali conferiscono, tra l’altro, il potere della ricerca e di ogni altra rilevazione utile per l’accertamento dell’imposta e per la repressione dell’evasione e delle altre violazioni, quindi durante. l'accesso la Guardia di Finanza, può procedere altresì a perquisizioni personali e all'apertura coattiva di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e simili e per l'esame di documenti ecc., naturalmente nel rispetto delle regole all’uopo previste. In generale, il personale della Guardia di Finanza può aprire sia borse che casseforti durante una verifica fiscale, ma solo in un caso, cioè quando il contribuente si dichiari collaborativo e disposto a permettere quest’azione. In questa specifica fattispecie non è richiesta l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica o di un’altra autorità giudiziaria.
Con riguardo all’esame di “pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e simili”, nella citata circolare n. 1/2018 della Guardia di Finanza viene evidenziato che con la sentenza n. 3204 del 18 febbraio 2015 la Corte di Cassazione ha stabilito che l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica va richiesta soltanto qualora si renda necessaria un’apertura “coattiva”, mentre nel caso la ricerca estesa su borse, mobili o altro viene svolta con la collaborazione del contribuente, oppure nel caso che cassetti e armadi non risultino chiusi a chiave, l’autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria non è necessaria. In relazione a quanto testè enunciato, la Suprema Corte ha ricordato il concetto con la sentenza n. 24306 del 04 ottobre 2018. In conclusione, è bene ricordare, invece, quali sono gli atti prodromici all’effettuazione di accessi, ispezioni e verifiche presso il contribuente:
- Esibire (da parte dei finanzieri), la propria tessera personale di riconoscimento;
- Consegnare al contribuente, o a chi in quel momento lo sostituisce, copiadell’autorizzazione contenente l’ordine di accesso;
- Invitare il contribuenteo chi per esso a prendere nota dei nomi degli altri funzionari;
- Comunicare al contribuente, o a chi in quel momento lo sostituisce, lo scopo della visita. Chiedere poi, in relazione a tale scopo, ad esibire tutti i registri, libri e documenti che egli è tenuto a porre a disposizione degli organi di controllo;
- Invitare il contribuente ad assistere alla verifica o a farsi rappresentare da un professionista di fiducia, previo rilascio di apposita delega scritta, firmata del delegante e dal delegato;
[1] Per l’esecuzione di accessi, ispezioni e verifiche si applicano le disposizioni dell’art. 52 del D.P.R. 26 ottobre 1972, nr. 633 (Imposta sul Valore Aggiunto);
[2] L’Amministrazione finanziaria può disporre l’accesso del proprio personale, nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, agricole, artistiche…… per procedere all’ispezione documentale, verificazioni e ricerche ed ogni altra rilevazione ritenuta utile per l’accertamento dell’imposta e la repressione dell’evasione e delle altre violazioni…..;
* (Dottore in Scienze della Pubblica Amministrazione)