Laboratorio Teatrale Gulliver: tre spettacoli in un'unica emozione

Luigi De Luca 5 Luglio 2022
Laboratorio Teatrale Gulliver: tre spettacoli in un'unica emozione

Gran finale! per il Laboratorio Teatrale “Gulliver” di Palma Campania, che martedì 28 giugno ha presentato in scena il saggio di fine anno, dopo mesi di impegnativo lavoro e necessario bisogno di abitare ancora il palcoscenico e lo sguardo curioso e attento del pubblico.
 
I giovani allievi (divisi in tre gruppi laboratoriali) – con la regia di Gabriela Maiello – hanno così trasformato l’esperienza acquisita in energia creativa, lasciando agli spettatori anche il tempo di riflettere e ri-pensare la quotidianità.    
 
 
In scena i bambini del primo gruppo, che aprono la serata con una esilarante pantomima in cui è il corpo a raccontare delle storie; la mimica a comunicare farsescamente la vivacità di chi, per la prima volta, si approccia al teatro e ne percepisce tutta la ‘forza propulsiva’.   
 
 
Ed è stato possibile vedere, sentire, toccare “immaginando” all’infinito e aprire varchi come sogni abitando corpi senza pesi o vuoti da riempire; senza il compito di trarne ragionamenti, conclusioni, comprensioni. È bastato solo chiudere gli occhi e aprirli come quelli di un bambino per mettersi alla prova e sollevare per un attimo il pensiero dall’abitudinario rapporto con la realtà.
 
 
E non è un caso che, stando a guardare il ‘gioco scenico’ dei piccoli allievi, si sia pensato subito allo straordinario lavoro del “Teatro Infantile” di Chiara Guidi e Lucia Amara. Di certo non è stata la copia o il tentativo di ri-proporlo, ma piuttosto la capacità di trarne il ‘tratto pedagogico’ lasciando a quei bambini l’esperienza di un linguaggio nuovo e diverso e agli adulti il compito di custodire il senso del silenzio che solo l’infanzia sa vivere.
 
 
A seguire, i ragazzi del secondo gruppo con una “sempreverde” Telefiaba di Roberta Sandias.

Si racconta di fiabe che sono parte di un comune bagaglio culturale ma che spesso non si leggono e raccontano più. Abituati alla televisione, ancor di più al cellulare, manca il tempo e la voce di chi si assume la responsabilità di raccontarle e si rischia così di perdere un ‘quotidiano’ a dir poco vitale.

E allora… c’erano una volta, tanto tempo fa, un cantastorie di nome Cardillo, un folletto di nome Fiabolo, una Fata che si chiamava Aranciata, e la Strega Brunilde. Un giorno, pensando che nessuno volesse più ascoltare le fiabe, decisero di fare televisione. E lo fanno per davvero, accorgendosi, programma dopo programma, di essere inghiottiti da questa avventura della tivvù.
 
 
Ma è una follia, anche se un’ottima idea! Perché, tra gli indici alle stelle e l’obbligo della pubblicità (altrimenti gli sponsor di arrabbiano!), i personaggi della Telefiaba si accorgono che la strada presa non era quella da imboccare, prendendo consapevolezza così della propria e autentica identità di sempre, della loro vitale ed originaria energia: essere Fantasia.
 
 
Dunque forza, svelti, andiamo via, ci son sogni che han bisogno della nostra fantasia. Incantiamo, raccontiamo, favoliamo a volontà! Ma cosa c’era quella volta che adesso non c’è più? – ci si chiede tra le ultime battute nell’ultimo atto.

Ovvio: le principesse, le fate e i maghi, i sette nani o brutti draghi; sorellastre, cacciatori, re di spade o re di cuore contro tutto ciò che adesso – riprenderebbe Pasolini – sembra essere “medium di massa”, “leggerezza-superficialità-ignoranza-vanità” di “una condizione umana obbligatoria” traducibile nella “stupidità delittuosa della televisione”.

 
A concludere, monologhi al femminile ripresi dalla grande tradizione!

Célimène e Armanda di Moliere; Enrico IV, Desdemona e Giulietta di Shakespeare; Mirandolina di Goldoni. Tutto ad impersonificare l’intensa preparazione di un attore, che si ritrova a vivere tutti i personaggi costruiti e messi in scena rischiando talvolta di dimenticare sé stesso.



Un finale, dunque, altrettanto impegnativo, che ha saputo ben delineare l’attento lavoro degli allievi, accompagnati dalla sincera e professionale passione di Gabriela Maiello le cui dichiarazioni finali risultano il succo di ciò che meglio sintetizza la vocazione teatrale: «Ringrazio i miei ragazzi, perché prendere parte alla loro crescita è per me estremamente vitale».

Allora, che aspettate? L’anno prossimo non esitate a proporre il teatro! Anche perché: non si paga un Laboratorio Teatrale per avere un buon risultato d’immagine bensì per intraprendere un cammino tortuoso e affascinante, lungo il quale si può fare esperienza della propria creaturalità! 
 
La voce sfuma lentamente. Musica finale. Buio. Sipario.


 
 
 
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