MES SI MES NO: LA SITUAZIONE ITALIANA E IL CONTESTO INTERNAZIONALE

Giuseppe Montuori * 4 Luglio 2023
MES SI MES NO: LA SITUAZIONE ITALIANA E IL CONTESTO INTERNAZIONALE

Il Meccanismo Europeo di Stabilità, comunemente detto MES, è un’organizzazione intergovernativa[1] (composta e guidata dai governi dei 20 Paesi che usano l'euro, erano 19, ma a marzo 2023 si è unita anche la Croazia che ha adottato l'euro)[2],  che gestisce un fondo (con un capitale di 708,5 mld. di euro e può darne in prestito fino a 500 miliardi), noto anche come fondo salva-Stati, che esiste per essere utilizzato nel caso in cui uno dei membri si trovi in forti difficoltà finanziarie e ne faccia richiesta.  

Tale richiesta può arrivare perché gli Stati hanno bisogno di finanziarsi sul mercato, ad esempio perché versano in una situazione di crisi e i mercati evitano di prestare danaro a chi ne fa richiesta. In tal guisa, si cerca di evitare eventuali forme di “speculazione finanziaria” da parte di altri Paesi, ed evitare che  la crisi peggiori, quindi, in questo caso, può intervenire il fondo del MES il quale ha lo scopo principale di evitare che un determinato Paese possa andare in default. Esistono due fattispecie di prestito, in relazione alle condizioni economico/finanziarie in cui versa lo Stato richiedente: i prestiti veri e propri sono destinati a quei Paesi con un debito pubblico elevato.

In questo caso, il governo del Paese che riceve il prestito di danaro, come contropartita firma un accordo in cui si impegna a porre in essere apposite riforme atte a diminuire il proprio debito, comunemente dette "programma di aggiustamento economico", con l'obiettivo principale di  garantire il ritorno a una crescita economica sostenibile. Esiste inoltre una “linea di credito precauzionale”, rivolta ai quei Paesi che hanno un debito pubblico in linea di massima sostenibile ed un'economia che non desta particolare preoccupazione ma, che tuttavia, per tutta una serie di motivi, versano in una difficoltà comunque superabile.

In questi casi, le condizioni poste dal prestito, sono molto meno incalzanti. Quest’ultima fattispecie, sarà possibile attivarla solamente quando tutti e 20 i Paesi avranno ratificato la riforma del Mes concordata nel 2021. Nato nel 2012, in seguito alle crisi bancarie che si erano verificate in molti paesi europei, Italia inclusa[3], ed accompagnato da lunghe discussioni sulle modalità d’uso, è iniziato il processo di riforma del Mes, per correggere le regole d’applicazione... In Italia l'ok all’utilizzo è arrivato nel gennaio 2021, all’epoca del governo Conte.

Poi, come per tutti i trattati, la palla è passata ai vari Parlamenti nazionali che dovevano ratificare la decisione, cioè approvarla con un voto. Nel 2021 il suo regolamento è stato riformato, con l’approvazione anche dell’Italia. Ora, però, il governo italiano è l’ultimo rimasto a non aver approvato quella riforma. Come detto, fino alla fine del mese di giugno 2023, l'Italia è rimasto l'ultimo Paese a non aver ancora effettuato la  ratifica e nelle ultime settimane il tema è tornato al centro del dibattito, tra favorevoli e contrari all’utilizzo di tale strumento.

I partiti di maggioranza si sono duramente opposti, soprattutto Lega e Fratelli d'Italia, mentre Forza Italia ha una posizione più equilibrata, anche perché nel 2012 il Popolo della libertà votò a favore del MES. Da quando è entrato in carica, il titolare del potere esecutivo (governo), ha più volte rimandato di affrontare la questione come del resto i suoi predecessori, anche con decisioni inusuali come la mancata partecipazione al voto in commissione. Infatti, Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, a fine giugno 2023, hanno disertato il voto in Commissione Esteri.

La proposta di ratifica del Meccanismo europeo di Stabilità passa ora all'Aula di Montecitorio. Bocciare la ratifica, infatti, per il nostro Paese, sarebbe una mossa decisamente mal vista a livello internazionale e con possibili conseguenze sulla credibilità economica dell'Italia. Viceversa, approvarla, sarebbe uno smacco politico per i partiti che, finora, si sono sempre mostrati contrari. E’ cosa nota che questo meccanismo è considerato da buona parte delle forze politiche tricolore (e non solo) una sorta di braccio armato dell'austerity europea pronto a piombare sulle nostre già (disastrate) casse per costringere il bel Paese a riforme "stringenti", come  successo in Grecia in passato.

Questo è forse il motivo principale per cui il ministro Matteo Salvini ha da sempre ribadito: “il debito pubblico dell’Italia deve rimanere in mano agli italiani “. Il timore è quello che altri Stati vengano a mettere il naso nei nostri “conti”.  Ad ogni modo, dai rumors che arrivano dai partiti della maggioranza, la ratifica “potrebbe” arrivare a fine estate, inizio autunno, non prima di eventuali ulteriori chiarimenti sul patto di stabilità.

Palazzo Chigi, si sa, vorrebbe apportare delle riforme al Patto di stabilità, con regole sicuramente meno rigide o quanto meno fatte su misura delle finanze dei Paesi aderenti. In altre parole, ottenere di svincolare gli investimenti strategici  come ad esempio la Difesa, dal calcolo del deficit.  Ad onor del vero in passato, anche la Germania ha esitato sulla ratifica. Tuttavia, il 9 dicembre 2022 la Corte costituzionale tedesca ha respinto un ricorso che alcuni parlamentari avevano presentato proprio contro la ratifica. Con quella decisione, la Germania ha completato l'iter e ha lasciato l'Italia da sola nella lista degli "scettici". Staremo a vedere.

Concludiamo dicendo che ciascuno dei Paesi dell'area Euro contribuisce al MES, versando una quota iniziale che resta come ‘fondo cassa' da 80 miliardi di euro e impegnandosi a versarne un'altra, più grande, nel caso in cui uno dei membri abbia bisogno di un prestito. Il massimo capitale raggiungibile come detto è di 708,5 miliardi di euro. L'Italia è il terzo Paese che ha versato di più: 14,2 miliardi di euro, con l'impegno a versarne fino a 125 miliardi in emergenza.

Al primo posto c'è la Germania (21,6 miliardi versati, che possono diventare fino a 189,4 miliardi), poi la Francia (16,2 miliardi contro i possibili 142,2 miliardi). La Spagna ha contribuito con 9 miliardi impegnandosi fino a 83 miliardi. Seguono poi Paesi Bassi, Belgio, Grecia,  Austria, Portogallo, Finlandia, Irlanda, Slovacchia, Croazia (l'ultimo membro, che dal 2023 al 2027 verserà i suoi 422 milioni di euro). E poi ancora Slovenia, Lituania, Lettonia, Estonia, Lussemburgo, Cipro e infine Malta, che ha versato 72 milioni di euro con un impegno fino a 632 milioni.

[1]  L'attuale direttore è il lussemburghese Pierre Gramegna, ex ministro delle Finanze nel suo Stato;

[2]  I 20 paese che usano l’euro all’interno della UE sono: Austria, Belgio, Cipro, Croazia, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Slovacchia, Slovenia e Spagna;

[3] La crisi del debito sovrano italiano del 2011-2012 (chiamata anche  crisi dello spread[) è una crisi finanziaria che ha coinvolto il nostro Paese dall’estate 2011 alla fine del 2012; tutto ha inizio dalla crisi scoppiata in Grecia anni prima, gradualmente superata attraverso la messa in atto, da parte della Banca centrale europea (fortemente sponsorizzata dalla Germania), del cosiddetto meccanismo di quantitative easing, diretto a stemperare gli effetti della speculazione finanziaria sui titoli di Stato.



* (Dottore in Scienze della Pubblica Amministrazione)

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