Parole parole parole: CULTURA
Pasquale Gerardo Santella 17 Giugno 2021La parola cultura deriva dal verbo latino colere, che indicava presso i romani il lavoro della terra, la coltivazione dei campi, e in senso metaforico, la possibilità da parte dell’educazione e della filosofia di agire sull’animo umano raffinandolo e trasformandolo da incolto a colto, così come si fa con i campi, che attraverso il lavoro e la cura, da sterili diventano fruttuosi.
È in questo senso figurato che la parola si è diffusa e associata all’idea di progresso e alla fiducia che l’educazione possa migliorare l’uomo, fino a identificarsi quasi con civiltà.
Dunque è molto riduttivo pensare alla cultura come un insieme di conoscenze che si trasmettono da un emittente a un destinatario in modo rettilineo e non circolare. La lettura di un libro, un convegno di studi, un film, una rappresentazione teatrale, un concerto, una mostra di per sé non fanno cultura, se tra “attori” e “pubblico” non c’è com-partecipazione e dialogo.
Soprattutto se le manifestazioni della cultura sono solo un prodotto, per quanto di qualità, da consumare ma non attuano alcuna trasformazione non solo nel modo di pensare del singolo ma anche nei suoi comportamenti nella collettività. Né si può definire colto uno che abbia un sapere encicopledico ma inerte.
E allora cosa intendere per cultura?
Una serie di azioni che investono sia il sé personale che quello sociale e politico: conoscenze da tradurre in:
- competenze e abito comportamentale,
- senso civico,
- assunzione di responsabilità,
- apertura, scambio, contaminazione, fecondità, tolleranza e rispetto delle cose e delle persone,
- senso di solidarietà, capacità di immedesimarsi nell’altro da sé,
- volontà di guardare la realtà fenomenica da un punto di vista decentrato rispetto a quello abituale,
- dialogo per la costruzione di un significato comune attraverso il reciproco ascolto,
- consapevolezza dei propri diritti e dei propri doveri,
- ma anche capacità di indignarsi,
- di fuoriuscire dall’indifferenza,
- di resistenza attiva, che comporta pure l’accettazione del valore della sconfitta che non toglie, anzi accresce la dignità del nostro essere umani.