Personaggi che hanno fatto la storia dell'Italia: Filippo De Marini

Nicola Terracciano * 5 Settembre 2024
Personaggi che hanno fatto la storia dell'Italia: Filippo De Marini

Premessa - Questa nuova rubrica si occupa di “PERSONALITÀ’ ALTE E NOBILI (MASCHILI E FEMMINILI) NOTE E MENO NOTE DEL RISORGIMENTO DELL’UNITA’ E DELLA LIBERTA’ DELLA PATRIA ITALIA DAL 1799 Al 1918 NATE O COLLEGATE CON PALMA CAMPANIA E CON I PAESI VICINI DELLE AREE NOLANA E VESUVIANA. 

FINO AL 1927 PALMA (CON l’AGGIUNTA “CAMPANIA” DAL 1863) COL SUO CIRCONDARIO HA FATTO PARTE DI TERRA DI LAVORO. 

La rubrica vuole ridestare nella memoria collettiva le Personalità storiche che lo meritano per i sacrifici fatti (spesso fino al martirio, alla morte) per il bene comune a livello locale, provinciale, nazionale come gratitudine, come esempio, come lievito per costruire un futuro civile più avanzato. 

Si comincia con un Martire della sempiterna Repubblica Napoletana del 1799 legato a Striano, che si colloca degnamente accanto al più memorabile Martire del 1799 di Palma, Vincenzo Russo. 

FILIPPO DE MARINI

Pur nato a Napoli nel 1778, era la figura politica più importante di Striano, essendone il feudatario e il suo palazzo è diventato nel tempo sede comunale e l’attuale è a lui formalmente dedicata con deliberazione del 2013. 

È richiamato spesso anche con un diminutivo (che rischia di ridurne il rilievo storico nell’immaginario collettivo) “Filippetto” e con una variante nel cognome ‘De Marinis’. 

Qui si seguono la indicazione onomastica ed il profilo scritto da uno dei più grandi e fedeli storici dei Martiri del 1799, il patriota siciliano-napoletano Mariano D’Ayala (Messina, 1808-Napoli, 1877), presenti nel libro memorabile “Vite degl’Italiani benemeriti della Libertá e della Patria uccisi dal carnefice” edite postume a cura dei figli nel 1883, di 655 pagine.

Il profilo di ‘Filippo De Marini” si trova alle pagine 233-236. 

Si ricorda che ebbe l’esperienza formativa sia in collegio che privata con un sacerdote di origini settentrionali di sentimenti aperti e liberali don Sestio Cavalcabó, che aderì poi alla Repubblica, come tanti ecclesiastici

napoletani e meridionali, compresi vescovi, due dei quali pagarono con il Martirio la loro scelta, come il vescovo di Potenza Giovanni Andrea Serrao e quello di Vico Equense, Michele Natale.

 

Filippo De Marini appartenne alla eletta schiera di aristocratici (si pensi all’ ammiraglio Francesco Caracciolo), che aderirono alla Repubblica, nel sogno di una società più libera e moderna, anche se questo significava rinunziare a tanti loro privilegi ed esporsi a sacrifici inimmaginabili e terribili, come avvenne poi. 

Filippo vestì la divisa militare repubblicana e fu tenente nella compagnia dell’altro futuro Martire Niccolò Pacifico. Fu mandato con numerosa truppa insieme all’ufficiale calabrese Giuseppe Guarani a sostenere l’artiglieria, comandata dal capitano Montemayor, che fu predisposta tra Milliscola e Cuma contro le navi degli inglesi (infami registi e collaboratori con le bande sanfediste contro la Repubblica) presenti nel canale di Procida. 

Furono accolte le due schiere in via Toledo, guidate una da Filippo, nelle grida “Viva la Libertà, muoiano i tiranni!” 

Divenne aiutante di campo del generale Matera, esule siciliano, venuto con le truppe repubblicane francesi. 

Filippo andò a combattere anche in Puglia e nel beneventano. 

Caduta la Repubblica, gli infami Borboni e l’ ammiraglio inglese Nelson (con una macchia storica indelebile) stracciarono i patti firmati dallo stesso cardinale Ruffo e dai rappresentanti di Inghilterra, Russia, Turchia, i cui contingenti erano decisivi per la sconfitta militare della Repubblica, con l’aggiunta del ritiro della maggior parte del contingente repubblicano francese, richiamato al Nord, dove erano ricominciate le aggressioni delle potenze assolutiste europee con al vertice l’Austria contro la Francia repubblicana. 

I patti, poi stracciati, prevedevano o il ritorno pacifico nelle case o l’esilio in Francia. 

Si scatenò invece l’eccidio disumano, che resta uno dei più infami della storia, offendendo valori elementari di giustizia e di umanità. 

Non ci fu pietà e Filippo fu decapitato come nobile (gli altri ed Eleonora furono impiccati) il 1 ottobre 1799, 39 giorni prima di Vincenzo Russo, impiccato il 19 novembre. 

Un effetto drammatico laterale si ebbe nella prigione disumana dei Granili posta sul porto, dove era incarcerato il suo precettore citato don Sestio. 

Quando seppe dell’uccisione di Filippo, ebbe una reazione drammatica, gettandosi nel pozzo. Aggiunse D’Ayala a proposito del comportamento disumano borbonico sanfedista “gli sgherri obbligarono di lì avanti tutti gli accusati a bere di quell’acqua, dov’era rimasto il cadavere.” (p.237).


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