PUNTO E VIRGOLA: CARTA, CALAMAIO E PENNA! SU, AVANTI, SCRIVIAMO...

P. Gerardo Santella 12 Ottobre 2022
PUNTO E VIRGOLA: CARTA, CALAMAIO E PENNA! SU, AVANTI, SCRIVIAMO...

Per questa nuova rubrica abbiamo scelto le parole della lettera che, nel film Totò, Peppino e la malafemmena, Totò dètta a Peppino De Filippo per inviarla ad una ballerina e convincerla a lasciare il loro nipote, innamorato di lei, in cambio di una somma di danaro: una delle scene più divertenti dei film del comico napoletano, che offre però anche una riflessione sulla lingua italiana popolare del tempo. Parleremo, dunque di lingua, delle sue regole e trasgressioni, di parole e del loro talora ambiguo significato, degli orrori della lingua dei social, in particolare dei segni di punteggiatura, usati troppo spesso a sproposito e senza alcuna logica.

Cominciamo...

IL PUNTO ESCLAMATIVO, DI ANTON CECHOV

Lo scrittore russo Anton Cechov nel 1885 scrisse un racconto breve, Il punto esclamativo, in cui i vari segni interpuntivi si presentavano in un incubo a Jefim Perekladin, segretario di collegio, per verificare le sue conoscenze in materia, messe in discussione a una cena da un giovinetto insolente. Nel sogno il segretario mostrava di essere piuttosto preparato sui segni sintattici che usava quotidianamente per lavoro: “Le virgole si mettono in posti differenti, in certi occorrono, in altri no… il punto si mette in fondo al documento… là dove occorre fare una lunga pausa, anche là ci va il punto… dove una virgola è poco e un punto è troppo, là occorre il punto e virgola… I due punti si mettono dopo le parole “si è disposto” e “si è deciso”… I punti interrogativi si mettono sempre quando si deve fare una domanda…”.

Ma davanti al punto esclamativo il segretario si trovò a disagio. Nelle sue lettere impiegatizie non ne aveva mai usato uno, perché in quel tipo di testo non rientravano “le espressioni di entusiasmo, di sdegno, di gioia, di collera e di altri sentimenti”, generalmente indicati proprio dall’ esclamativo.

Per il protagonista era il segno della fredda meccanicità del suo mestiere, nell’insieme opprimente e intollerabile.

Al lettore si chiarisce il senso della punteggiatura svelato in una battuta del giovane, che è una lezione per l’impiegato e per noi tutti: “Non basta che i segni di interpunzione li poniate correttamente… non basta! Bisogna porli consapevolmente!”.

Giusto.

All’estensore di queste note una premessa-considerazione: alcuni segni interpuntivi, come appunto l’esclamativo, hanno una funzione emotiva-intonativa, altri una funzione logico-sintattica, e tutti – senza distinzione – devono tener conto della tipologia del testo in cui sono inseriti.

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