RESPONSABILITÀ SOLIDALE DEL CESSIONARIO NEL VERSAMENTO DELL’IMPOSTA

Giuseppe Montuori * 17 Giugno 2023
RESPONSABILITÀ SOLIDALE DEL CESSIONARIO NEL VERSAMENTO DELL’IMPOSTA

La responsabilità solidale del cessionario nel versamento dell’imposta[1], nonostante la vigente normativa abbia cercato di porre un freno allo specifico problema, fa  registrare, pur tuttavia, ancora fenomeni legati a tale fattispecie. Facciamo un passo indietro e, vediamo, come nasce (a monte) la fattispecie in analisi. Occorre a questo punto fare un cenno ancorchè breve sulla “base imponibile”,  vale a dire il valore sul quale verrà poi applicata l’Imposta  sul Valore Aggiunto (D.P.R. nr. 633/1972).

Quest’ultima è costituita in linea di massima dal corrispettivo, sia esso in denaro che in natura, delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi, naturalmente tale discorso, non vale per le operazioni escluse del campo dell’IVA.  A tal uopo, l’art. 13 del D.P.R. 633/1972, al comma 1, stabilisce che “la base imponibile delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi è costituita dall’ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente o prestatore secondo le condizioni contrattuali”.

Come giusto che sia, il corrispettivo totale non potrà non tener conto della presenza di eventuali sconti che ne riducono l’importo, della presenza, inoltre, di eventuali oneri accessori  e/o spese e debiti che saranno comunque accollati all’acquirente del bene o il servizio.  Così come disposto dalla Ris.dell’Ag.En. del 5 agosto 2009, nr. 203/E[2], non fanno parte della base imponibile eventuali somme di natura risarcitoria, come ad es. interessi moratori, penalità ecc

Nella composizione della base imponibile, gioca un ruolo di rilievo la determinazione del valore normale dei beni[3]. Tale ultimo valore, di solito, rappresenta la base sulla quale viene applicata l’imposta, infatti, in caso di prezzi inferiori al valore normale determinato in base alle disposizioni vigenti, l’acquirente, è responsabile solidalmente con il venditore per il pagamento dell’imposta.  L’acquirente, in ogni caso, può dimostrare che il prezzo inferiore è dovuto a eventi o situazioni di fatto oggettivamente rilevabili e/o sulla base di specifiche disposizioni di legge, che non sia quindi frutto di una eventuale frode all’IVA.   

Ad ogni modo, con  DM 22 dicembre 2005, sono stati individuati i beni per i quali esiste la solidarietà nel pagamento dell’imposta in caso di sottofatturazione:

− gli autoveicoli, motoveicoli, rimorchi;

− i prodotti di telefonia e loro accessori;

− i personal computer, componenti e accessori;

− gli animali vivi della specie bovina, ovina e suina e le loro carni fresche;

− gli pneumatici nuovi di gomma, nonché gli pneumatici rigenerati o usati di gomma e le gomme piene o semipiene, battistrada per pneumatici e protettori (“flaps”).

 

Nel corso degli anni, numerosi sono stati i casi della specie rilevati e sanzionati dall’Amministrazione finanziaria e, anche in caso di ricorso all’Autorità Giudiziaria (tranne qualche caso sporadico in cui il cessionario è riuscito a dimostrare che la sottofatturazione traeva origine da situazioni ben definite), nella quasi totalità dei casi è stato sempre sanzionato chi ha partecipato alla commissione di tale violazione.

In questa sede possiamo affrontare un caso specifico, come quello  verificatosi nell’Italia del nord est, riguardante la cartella di pagamento emessa ai sensi dell’articolo 60-bis del DPR 633/1972, che sancisce il principio di responsabilità solidale, da parte del cessionario, nel pagamento dell’IVA, in caso di mancato versamento dell’imposta da parte del cedente, per cessioni di beni effettuate a prezzi inferiori al loro valore normale.

Il caso in analisi, è stato trattato dalla  Commissione Tributaria di Venezia, con la sentenza 1595 del 16 ottobre 2014, la quale (se mai ce ne fosse stato il bisogno), ha puntualizzato che incombe sul ricorrente l’onere di provare che il prezzo inferiore dei beni è stato determinato in ragione di eventi o situazioni di fatto oggettivamente rilevabili. La vicenda processuale verte sull’omesso  versamento dell’Imposta sul Valore Aggiunto da parte di una concessionaria di automobili usati, di provenienza comunitaria ed acquistati da un intermediario commerciale nazionale.

In particolare, ai sensi e per gli effetti dell’articolo in analisi (art.60-bis del DPR 633/1972), l’Ufficio finanziario competente, ha notificato al ricorrente la Comunicazione di debito solidale – Invito ad adempiere”, in quanto risultava aver effettuato acquisti per operazioni relative a beni inclusi nel DM 22 dicembre 2005 a prezzi inferiori rispetto al corrispondente valore di mercato.  Con tale atto, il contribuente era posto nella condizione di fornire l’eventuale prova contraria[4].

In assenza di tutto ciò, veniva notificata la relativa cartella di pagamento. Ciò detto, in sede di impugnazione della comunicazione, il ricorrente ha eccepito diversi vizi di forma inerenti alla  notifica della cartella, non preceduta (secondo  quest’ultimo), da avviso di accertamento, e alla impossibilità dello stesso a poter esercitare il diritto alla difesa. I giudici hanno rigettato sia il primo ricorso sia l’appello, condannando il contribuente anche al pagamento delle spese di lite.

Infatti secondo gli inquirenti il contribuente non ha fornito idonea documentazione “atta a dimostrare la sua estraneità oggettiva e la non connessione con il mancato pagamento dell’Iva da parte del debitore principale”, inoltre, in ordine all’altra eccezione sollevata dalla parte ricorrente, relativa alla violazione del diritto alla difesa, l’organo giudicante ha altresì evidenziato che il contribuente è stato reso edotto dell’esistenza di solidarietà passiva con la notifica della “Comunicazione di debito solidale – Invito ad adempiere”, che ha preceduto la notifica della cartella di pagamento.

La stessa Corte di Cassazione ha  respinto l'argomento del ricorrente secondo cui la presunzione della legge italiana (articolo 60 bis del Dpr 633/1972) sulla responsabilità solidale del cessionario sia di fatto in contrasto con i principi Ue che governano il regime dell'IVA. Infatti, in tema di lotta all'evasione, tale presunzione, secondo i giudici di legittimità non è di per sé illegittima, proprio perché prevede la possibilità di fornire prova contraria.

Appare opportuno, ribadire altresì che la responsabilità in solido è stata introdotta nel 2004 (governo Berlusconi II) , proprio per contrastare, le frodi carosello[5], evitando che il cessionario di beni di importazione, per i quali non sia stata versata l’IVA dovuta dal cedente, pur non concorrendo all’evasione di imposta, si avvalga indebitamente dell’ingiusta “riduzione del prezzo” di vendita, conseguente al mancato versamento di quanto spettante all’Erario e, contestualmente, causa di concorrenza sleale tra gli operatori di mercato. La finalità della norma in trattazione è, dunque, quella di migliorare l’azione di contrasto alle frodi nel settore dell’IVA, prevedendo una responsabilità solidale del cessionario per la maggiore imposta accertata in capo al cedente, oltre la sanzione (Circ.Ag.En. – 26 settembre 2005, nr. 41/E – Nuove disposizioni in materia di Imposta sul valore Aggiunto). La previsione di una responsabilità solidale, a livello comunitario, trova la sua legittimazione nell’articolo 21, paragrafo 3, della VI direttiva. La stessa Corte di giustizia Ue si è espressa più volte in merito alla compatibilità comunitaria di provvedimenti nazionali recanti regimi di responsabilità solidale per il versamento dell’IVA, con particolare riguardo al rispetto dei principi di certezza del diritto e di proporzionalità della sanzione.

In conclusione, per non incorrere in situazione della specie, meglio cautelarsi e chiedere al venditore la copia del mod. F24 che attesti il versamento all’Agenzia delle Entrate dell’imposta all’uopo dovuta. Il commerciante non dovrebbe avere difficoltà a mostrarlo, purtroppo però non se ne potrà verificare l’autenticità poiché questa possibilità – paradossalmente – è riservata solo a chi effettua il versamento.  Tuttavia, in questi casi, è sempre meglio affidarsi a rivenditori di provata serietà ed affidabilità (fiscale), diffidando di quei commercianti di auto che aprono una attività e, a breve distanza di tempo, la chiudono. Questi, spesso, fanno parte di un sistema di frode carosello all’IVA e vengono utilizzati per procacciare ad altri rivenditori di auto (partecipanti al sodalizio criminoso),  un elevato monte di costi (da portare in deduzione dei ricavi nei rispettivi bilanci) ed un ingente quantitativo di IVA a credito da chiedere a rimborso successivamente, il tutto a danno dell’economia reale.

[1] Art. 60-bis  (articolo aggiunto dall’art.1, comma 386, legge 30 dicembre 2004, nr. 311, a decorrere dal 1° gennaio 2005) del D.P.R. nr. 633/1972 - Imposta sul Valore Aggiunto;

[2] In sintesi la circolare fornisce chiarimenti in ordine alle novita' introdotte dalla legge 30 dicembre 2004, n. 311 in materia di Imposta sul Valore Aggiunto, in particolare, la legge finanziaria e' intervenuta sulle seguenti tematiche: ……solidarieta' nel pagamento dell'IVA nei casi di cui all'art. 60-bis del D.P.R. n. 633/1972….; 

[3] Per valore normale si intende l’intero importo che il cessionario o il committente, al medesimo stadio di commercializzazione di quello in cui avviene la cessione di beni o la prestazione di servizi, dovrebbe pagare, in condizioni di libera concorrenza, ad un cedente o prestatore, nel tempo e nel luogo in cui i beni sono stati acquistati e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi – art. 14, D.P.R. nr.633/1972;

[4]  In tale situazione, non è sufficiente dire “io non lo sapevo”, la legge non ammette ignoranza ma, occorre fornire apposita documentazione giustificativa del minor prezzo pagato;

[5]  Fenomeno criminoso connesso al sistema di applicazione dell’Imposta sul Valore Aggiunto agli scambi tra soggetti passivi d’imposta, aventi sede in differenti paesi UE.


* (Dottore in Scienze della Pubblica Amministrazione)

ULTIMI ARTICOLI