Terapia del Dolore: intervista al dottor Michele De Luca
Francesco Maria Catapano 20 Settembre 2023Intervistiamo, sui temi della Medicina, il dottor Michele De Luca, laureato in Medicina e Chirurgia presso la "Federico II" e specializzato in Anestesia, Rianimazione e Terapia del Dolore. Attualmente, è dirigente medico presso l’Ospedale "San Leonardo" di Castellammare e dirige l’U.O.S. di Medicina e Terapia del Dolore dell’area stabiese.
Quando parliamo di terapia del dolore quali disturbi del corpo intendiamo e quale classi di pazienti interessa?
Innanzitutto, puntualizziamo che la terapia del dolore é un termine improprio. Infatti, sarebbe più preciso parlare di medicina e terapia del dolore, cioè un’apposita branca del campo medico che ha alla sua base lo studio, prima, e la cura, poi, di tutti i meccanismi che determinano un dolore in qualunque regione dell’organismo. Dunque, l’algologo o antalgista, specialista meglio conosciuto come medico del dolore, ha al centro della sua attività il dolore, il quale nelle sue forme croniche è considerato una vera e propria malattia, come nel caso dell’ ipertensione, del diabete o della bronchite cronica, soltanto per citare degli esempi classici e calzanti. Semplificando, tutti quei disturbi che persistono nel tempo o si ripetono, per tanti mesi ed addirittura per tanti anni, diventando strutturati, rientrano nella classificazione dei dolori cronici. Essi sono di vario tipo, cioè dei dolori cronici di tipo muscolo- scheletrico come la lombalgia o le forme di artrosi, di tipo neuropatico come la sindrome del trigemino e di tipo nocicettivo, relativamente a traumi.
Chiarita questa definizione generale, in base al tipo di dolore cambia l’approccio terapeutico che il metodo del dolore adotta con il paziente?
Chiaramente la terapia, volta per volta, viene messa a punto in base al paziente, specialmente quando si tratta di pazienti pluripatologici, i quali molto spesso soffrono già patologie molto spesso cardiovascolari e,quindi, se si utilizzano farmaci la loro gestione richiede molta attenzione ed una stretta sinergia tra più medici specialisti. Appunto, uno degli obiettivi dovrebbe essere quello di lavorare in sinergia, in primis, con il medico di base che dovrebbe attenzionarci i pazienti pluripatologici ai fini della gestione farmacologica e quei pazienti che accusano un dolore persistente. Oltre ciò, in fase riabilitativa, dopo aver preso in carico il paziente vengono coinvolti il fisiatra insieme ad un team di fisioterapisti e lo psicologo unitamente a neurochirurghi ed ortopedici per elaborare un quadro diagnostico completo.
Quali possiamo considerare i dolori più diffusi, trattati con più frequenza in ambito di medicina del dolore?
Il dolore più frequente è generalmente il comune mal di schiena, seguito dalle radicolopatie varie quale la cervicale. Entrambi, sia il mal di schiena che la cervicale, sono dolori gettonati allo stesso modo, tenendo conto che la cervicale è più comune tra i giovani mentre la lombalgia interessa specialmente l’anziano e, molto spesso, il dolore che si manifesta a partire dalla schiena tende ad acuirsi irrorando gli arti inferiori.
In larga scala, quali sono le cause che determinano questi dolori capaci di danneggiare la qualità della vita della persona, come quelli elencati?
Le cause sono svariate in base all’età del singolo paziente. Le cause principali sono l’artrosi delle faccette articolari, le ernie e le discopatie, cioè una malattia del disco, il quale ha la funzione di ammortizzatore ed è posizionato tra due vertebre, e le irritazioni della regione sacro- eliaca che provoca dolore nella zona del gluteo.
Conosciute le cause quali sono i trattamenti più consigliati e più moderni ai quali si decide di sottoporre il paziente ?
Il primo approccio terapeutico è affidato ai farmaci o, qualora non fossero efficaci, a tecniche infiltrative che si servono di piastrine o di cellule mesenchimali estratte dal proprio plasma o dalle parti del corpo in cui si localizza grasso tramite prelievo e successiva centrifugazione, prima di inocularle nelle articolazioni interessate. Successivamente, si ricorre a terapie più avanzate che tendono a bruciare i nervi lesionati e danneggiati, così da riportandoli alla loro funzionalità. Tra le terapie più avanzate parliamo, certamente, della radiofrequenza, svolta in sala operatoria e consiste nell’utilizzo di aghi che collegati ad un apparecchio riescono a surriscaldare il nervo che produce dolore e modificarlo, cioè otteniamo una neuromodulazione. Naturalmente, quest’ultima non rappresenta una soluzione definitiva, perchè l’efficacia della radiofrequenza è stimata tra gli 8 ed i 12 mesi.